Gli ostacoli dello Yoga
Praticare Yoga fa bene, lo avrete sentito milioni di volte. Ed è così! I suoi benefici sono a 360°, spaziando dall’ambito fisico a quello psicologico, da quello energetico a quello emozionale, da quello spirituale a quello evoluzionistico. Tuttavia non tutti i praticanti ed appassionati sanno che lo Yoga è anche una via per la Felicità.
Patanjali, il grande maestro del IV-V secolo a.C. e autore degli “Yoga Sutra”, scrive nel sutra 1:2:
Yogash chitta vritti nirodhah
Qui egli ci fornisce una potente chiave per espandere la nostra coscienza, dicendo che lo Yoga è la cessazione delle fluttuazioni della mente. In poche parole, afferma che per essere felici dobbiamo dominare la mente. Vi sarà sicuramente capitato di trovare sempre mille scuse per non praticare: i bambini per casa, la stanchezza del lavoro, la fatica nello svegliarsi prima la mattina, il dolore da qualche parte… Ma questo sono solo motivazioni a cui la vostra mente da importanza, ma che invece non ne hanno. Una pratica costante e consapevole è necessaria per trascendere tutto ciò e iniziare a dominare la mente. Dobbiamo allora sostituire le vecchie abitudini tossiche con nuove abitudini salutari. Come? Se per andare a lavoro avete sempre girato a destra per 100 volte, dovrete ora girare a sinistra per almeno 101 volte. Questo per dire che all’inizio lo sforzo è necessario per praticare ogni giorno (anche per 10-15 minuti); ben presto però tale sforzo si trasformerà in una sana abitudine e dopo non riuscirete più a farne a meno, come fosse una sorta di dipendenza positiva dalla gioia e dal benessere conquistati.
I 9 ostacoli dello Yoga
Secondo Patanjali esistono 9 ostacoli, comuni ad ogni essere umano, lungo il percorso dello Yoga, tutti con la stessa origine: una mente dominata dall’Ego e dall’ignoranza!
Tali ostacoli sono:
- Vyadhi: tradotto letteralmente come malattia, non si intende solo quella del corpo fisico, ma anche e soprattutto quella della mente e della coscienza. La malattia fisica, di per sé, non costituisce infatti un vero e proprio ostacolo perché, anzi, praticare Yoga può essere d’aiuto per una guarigione più rapida e profonda. Pensare dunque che chi affronta una qualsiasi malattia fisica non possa praticare Yoga è semplicemente non vero. Patanjali si riferisce piuttosto alla densità in cui si trova la coscienza. Il vivere in maniera inconsapevole è un vivere malato.
- Styana: è la debolezza mentale, il non essere davvero interessati alla propria evoluzione. Si manifesta con mancanza di desiderio, mancanza di costanza e di consistenza nella pratica. E’ quello che accade quando la pratica yogica non è quotidiana. Praticare ogni tanto equivale a non praticare affatto.
- Samsaya: il dubbio. Dubbio su se stessi, sulla propria vita, sull’esistenza, sugli altri…un perenne stato di dubbio che ci paralizza e ci fa arrendere alla prima occasione. E’ necessario impegnarsi a fondo affinché si possa riuscire a trovare la felicità.
- Pramada: significa contemporaneamente arroganza e assenza di consapevolezza. Quando non c’è dominio sulla mente non si ha consapevolezza, che porta ad ignoranza ed arroganza. Quando qualcuno crede di saperne più di altri, dimostrando le sue ragioni con arroganza, mostra in realtà la sua ignoranza.
- Alasya: la pigrizia, il non avere energia. Questo è ciò che spesso ci impedisce di salire sul tappetino ogni giorno ed è frutto di abitudini insane. Affinché si possano creare nuove abitudini sane è necessario fare lo sforzo di andare oltre la pigrizia. Alasya è quindi vivere in un ambiente povero di energia, ragion per cui vanno tanto di moda le bevande energetiche e stimolanti. Invece di coltivare la propria energia interiore, andiamo a ricercarla all’esterno con sostanze che non riescono a colmare veramente il vuoto.
- Avirati: è il desiderio/attaccamento nei confronti delle cose e delle persone che ci circondano. Consiste nel pretendere di avere sempre tutto sotto controllo, quando in realtà, per essere felici, dobbiamo arrenderci alla Vita e fluire con essa, che è sempre a nostro favore, anche quando ci sembra il contrario.
- Bhrantidarshana: vivere nell’illusione. E’ come guardare il mondo con lenti colorate: avremo una visione distorta della realtà e da questa visione distorta attribuiremo significati alla nostra vita. Ne deriverà solo sofferenza. Tuttavia, attraverso la pratica, possiamo trascendere tutto ciò.
- Alabdhabhumikatva: l’instabilità, tipica di una mente non dominata, che si esprime con mancanza di concentrazione e difficoltà nel portare a termine un progetto. E’ fondamentale comprendere che questo stato mentale non appartiene a te come singolo individuo, ma appartiene alla tua mente; con la pratica può essere trasceso.
- Anavasthitatvani: essere distratti. Questo ostacolo rappresenta la difficoltà dell’essere umano nel rimanere in silenzio con se stesso, così abituato a vivere nel ronzio perenne dei suoi pensieri e sempre impegnato a fare ed avere qualcosa.
Leggendoli, probabilmente avrete pensato: “aiuto, mi riconosco in molti o tutti”. Diventare consapevoli d tali ostacoli è il primo passo per trascenderli. Se ti accorgi che uno o più di essi sta sorgendo in te, non giudicare, ma ancorati nella pratica e vedrai che, giorno dopo giorno, saranno spontaneamente sempre meno presenti.
Avere una Sadhana personale è di grande aiuto. Una Sadhana è quell’insieme di tecniche e rituali che scandiscono il ritmo delle tue giornata, come la puja mattutina, la meditazione, la pratica serale… un insieme di sane abitudini che ricaricano i tuoi livelli di energia.
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